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Frode da 69milioni di euro scoperta a Benevento
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Frode da 69milioni di euro. Gli indagati avrebbero trasferito società in Bulgaria al fine di evadere il fisco in Italia
Frode da 69milioni di euro scoperta nel beneventano. La Guardia di Finanza dei Comandi Provinciali di Napoli e Benevento, su disposizione della Procura della Repubblica di Benevento, hanno dato esecuzione a diversi provvedimenti cautelari.
Le misure cautalari
Hanno eseguito infatti una misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale e di imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (ex art. 290 c.p.p), per mesi dodici, nei confronti di 8 persone, professionisti e imprenditori sanniti e della Valle Telesina operanti nel settore turistico-alberghiero, edile e della grande distribuzione alimentare.
Ancora un misura cautelare reale del sequestro preventivo dell’intera azienda di una nota struttura ricettiva cittadina, dei beni aziendali strumentali all’esercizio dell’attività alberghiera, nonché dei titoli abilitativi e di due appartamenti ubicati sempre in Benevento.
Eseguito, inoltre, un sequestro, finalizzato alla confisca per equivalente, di denaro, beni immobili e altri beni patrimoniali nella disponibilità dei 26 indagati, fino alla concorrenza del valore di circa 11milioni di euro. Eseguito, infine, il “congelamento” in Bulgaria della titolarità delle quote delle società bulgare utilizzate per le operazioni contestate (attività ancora in corso).
Eseguite le misure nel capoluogo sannita e nelle province di Benevento, Avellino, Roma, Milano, Napoli, Cosenza e Varese, nonché in territorio bulgaro (Sofia e Plovdiv).
A disporre i provvedimenti cautelari il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Benevento, su richiesta della Procura. Il Gip ha ritenuto la gravità indiziaria “per i reati, a vario titolo contestati agli indagati, di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) aggravata dalla transnazionalità (art. 61 bis c.p.), sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 D.Lgs. n. 74/2000), falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), bancarotta fraudolenta (art. 216 R.D. n. 267/1942) e omessa dichiarazione (art. 5 D.Lgs. n. 74/2000)”.
Le indagini
I provvedimenti cautelari adottati al termine un’articolata attività d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento. Fondamentale per le indagini la sinergia investigativa dei Nuclei di Polizia Economico Finanziaria di Napoli e Benevento che le hanno condotte. L’indagine ha consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine alla esistenza di una compagine criminosa. Tale organizzazione è risultata ben strutturata sul territorio italiano e bulgaro, dedita alla commissione di un numero indeterminato di reati contro l’economia.
Le indagini sono partite nel febbraio del 2019 al termine di un’attività info-investigativa svolta su una importante struttura alberghiera del capoluogo sannita. Da tale attività sono emerse significative anomalie fiscali in relazione alle posizioni delle persone fisiche e giuridiche riconducibili alla citata struttura. Tale struttura è gestita da un gruppo familiare costituito da un noto professionista beneventano e dai suoi due figli
L’attività investigativa ha ricostruito gli interessi economici e patrimoniali dei principali indagati. La ricostruzione attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali ed analisi documentali. Nel settembre del 2019 le fiamme gialle – sulla base delle attività tecniche – svolte diverse perquisizioni presso i domicili e studi professionali delle persone coinvolte.
Lo sviluppo delle investigazioni ha indotto i militari della Guardia di Finanza ad analizzare un’operazione straordinaria di “fusione transfrontaliera per incorporazione tra società di capitali”. Tale “fusione” avrebbe ad oggetto l’azienda costituente il complesso alberghiero connessa ad una serie di ulteriori operazioni aziendali. Si tratterebbe, infatti, di locazione e comodato di ramo di azienda, costituzione di contratto di rete. Il tutto messo in atto dagli indagati prima e dopo la “fusione”. Gli indagati per tali operazioni hanno adoperato le seguenti formule: “procura generale”; della “procura speciale”; della “delega”. Tutte realizzate nel periodo 2014 – 2018 ed attinenti ad una serie di società – collegate all’attività alberghiera – aventi compagni sociali e governance riconducibili alle medesime persone.
Gli inquirenti hanno ritenuto che tali operazioni fossero unicamente dirette a “tutelare” il patrimonio aziendale della società incorporata, trasferendolo ad una società bulgara. Tale società – secondo una nota della Procura – sarebbe comunque riconducibile agli indagati. La società bulgara – però secondo gli inquirenti – sarebbe soggetta ad normativa più favorevole rispetto a quella nazionale. Il fine quindi sarebbe quello di sottrarre il patrimonio aziendale al fisco italiano e continuare la gestione aziendale sul territorio nazionale, ma attraverso due nuove società costituite proprio allo scopo.
La prosecuzione delle indagini ha consentito, poi, di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine ad un’articolata organizzazione e una fitta rete di persone fisiche e giuridiche. Tutte gravitanti nell’orbita professionale e relazionale di un noto professionista beneventano e dei suoi figli. Secondo la rappresentazione delle accuse, accolte dal Gip, tali professionisti hanno promosso, organizzato e gestito una consolidata e fiorente “attività di consulenza”. L’attività dei professionisti avrebbe permesso il trasferimento e il mantenimento di imprese in territorio bulgaro, la maggior parte delle quali nelle città di Sofia e Plovdiv. Il fine – secondo gli inquirenti – sarebbe quello sottrarle al pagamento delle imposte e sottrarne i patrimoni al sequestro e a procedure sia fallimentari che esecutive. Si tratterebbe di una frode all’erario di circa 69milioni di euro
Modus Operandi per arrivare alla frode
Il modus operandi adottato dagli indagati come riporta la nota della Procura era “caratterizzato dal sistematico trasferimento in Bulgaria di società italiane”. Esse, infatti, secondo gli inquirenti, mantenendo la stessa denominazione sarebbero diventate imprese a tutti gli effetti bulgare di diritto locale.
Nello specifico, gli inquirenti ritengono che le società di diritto italiano – gravate da onerosi debiti erariali – erano preliminarmente “svuotate”. Ciò avveniva attraverso operazioni di alienazione di immobili e crediti. Il tutto posto in essere nel periodo immediatamente antecedente il trasferimento in Bulgaria.
Le società italiane, ormai svuotate di elementi attivi, erano così cancellate dal Registro delle Imprese nazionale per trasferimento all’estero.
Le società trasferite in bulgaria avrebbero mantenuto la stessa denominazione delle società italiane al fine di rimanere visibili ai creditori in Italia. Le stesse, di fatto, risultavano tuttavia irreperibili presso le sedi bulgare dichiarate. Apparivano, però, fraudolentemente ancora operative e solvibili attraverso l’accensione di conti in quel paese. Tali conti erano, in realtà, non movimentati se non per il versamento del solo capitale sociale.
In tal modo gli imprenditori italiani continuavano, di fatto, ad operare in Italia con neocostituite imprese. A queste ultime avevano ceduti i compendi delle società trasferite aventi il medesimo oggetto del clone estero.
I riscontri che hanno consentito di avvalorare la frode di 69milioni di euro
Le attività investigative sarebbero avvalorate dagli importanti riscontri pervenuti dall’autorità giudiziaria bulgara. Il contesto investigativo, infatti, per iniziativa della Procura della Repubblica di Benevento e della Guardia di Finanza, delegata alle indagini, si è esteso oltre i confini nazionali. Costituita, infatti, una Squadra Investigativa Comune (S.I.C.) Italia-Bulgaria, quale strumento di cooperazione internazionale patrocinato da Eurojust. La cooperazione, tra la Procura della Repubblica di Benevento e la Procura della Corte Suprema di Cassazione della Bulgaria, è finalizzata ad ottenere e condividere informazioni ed elementi di prova nell’ambito delle investigazioni in corso.
In tale contesto avvenute riunioni propedeutiche all’accordo e riunioni investigative sia presso la sede di Eurojust a L’Aia. Riunioni avvenute anche presso la sede della Procura Specializzata – Reparto Investigativo a Sofia e in Italia presso la Procura della Repubblica di Benevento. Proficuo lo scambio informativo e il coordinamento investigativo sottesi allo sviluppo ed alla prosecuzione delle indagini.
Le attività svolte in tale ambito hanno consentito, tra l’altro, l’acquisizione di documentazione presso istituti di credito ed Ente camerale bulgari; hanno consentito, inoltre, l’escussione di numerose persone informate sui fatti di nazionalità bulgara. Tra questi 16 professionisti (facenti capo a 12 società di consulenza legale e amministrativo-contabile), 4 persone ritenute prestanome (c.d. nominee) e 2 interpreti/traduttrici di madre lingua bulgara. Oltre a questo anche soprolluoghi in Bulgaria con il fine di verificare l’esistenza delle società formalmente costituite in territorio estero.
In tale contesto è avvenuta la “cessione di giurisdizione” da parte dell’Autorità Giudiziaria bulgara in favore di quella italiana per fatti penalmente rilevanti commessi in quel paese.
Esaminate le operazioni societarie e i rapporti bancari di 34 società italiane e 29 società bulgare emerse nel corso delle investigazioni; con riferimento ai soggetti giuridici italiani è stata, altresì, accertata una situazione debitoria complessiva nei confronti dell’Erario di oltre 69 milioni di euro.
Nel corso della mattinata del 5 maggio, inoltre, eseguite perquisizioni disposte dalla Procura presso sedi e unità locali di 8 società; verificati, inoltre, i domicili di 21 soggetti, a vario titolo coinvolti nelle indagini.
I provvedimenti oggi eseguiti sono misure cautelari disposte in sede di indagini preliminari. Contro tali misure sono ammessi mezzi di impugnazione. I destinatari delle stesse, inoltre, sono persone sottoposte alle indagini. Sono quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
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