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“Lasciare andare” di Max Deste: la forza di rialzarsi

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In “Lasciare andare” Max Deste ci presenta, in questo romanzo in endecasillabi, un personaggio tormentato e sfortunato che ha la forza di rialzarsi

Casa Editrice: Gruppo Albatros Il Filo
Collana: Nuove Voci – Le piume
Genere: Poesia
Pagine: 144
Prezzo: 9,90 €

«Ripensai al passato che avevo avuto e alla mia compagna solitudine, un sentimento nel cuore diffuso a volte musone e a volte giocoso»: Max Deste presenta la storia di un personaggio tormentato, solitario, profondo e vessato dalla sfortuna nel romanzo in endecasillabi “Lasciare andare”.

Una scelta ardita, quella di scrivere un’opera in versi, in cui la narrazione dell’esistenza del suo protagonista segue il ritmo cadenzato e ordinato dell’endecasillabo, mentre all’interno dei versi ciò che si racconta è caotico, è destabilizzante, è tragico.

Eppure l’autore riesce a metterci quel guizzo di ironia che bilancia bene i toni: il protagonista ha una vita rocambolesca e drammatica ma si riesce comunque a sorridere dei suoi approcci sarcastici e del suo carattere scanzonato, anche quando si trova ad affrontare grandi difficoltà.

Nel romanzo seguiamo il protagonista dai suoi quattordici anni fino ai cinquanta, partecipando dei suoi dolori, dei suoi tentativi di rialzarsi, della sua necessità frustrata di amare e di essere amato; intorno a lui vi è solo disordine e irrazionalità, come se il destino si fosse messo in testa di complicargli la vita, non lasciandogli mai prendere fiato.

La cadenza rassicurante dei versi endecasillabi scandisce l’esistenza di un giovane uomo che proprio nella poesia trova l’unico motivo per non arrendersi: egli scrive un diario poetico sin da quando è un ragazzo, e nella stesura delle sue rime si riconnette con la parte più sana di sé, quella che non è stata toccata dalla disperazione.

Nella solitudine, divenuta sua compagna fedele, egli scrive parole consolanti e catartiche, mentre fuori imperversano i venti di tempesta: egli ha perso sua madre quando era un ragazzino inconsapevole, ha subito le debolezze di un padre violento, ha conosciuto la cattiveria umana in tutte le sue forme e ha sofferto nel constatare di non riuscire a tenersi qualcuno vicino, come se fosse affetto da una strana patologia che lo isola dal mondo.

Per fortuna la scrittura è sempre lì con lui, per lui – «Ripensai a tutto ciò che avevo perso, e a tutto ciò che non avevo più. Ero orfano di mamma e un po’ di padre, però non volevo recriminare, perché io ero lì, vivo e consapevole, e questo poteva già un po’ bastare. Presi una penna e cominciai a scrivere, l’elenco delle mie disavventure»; in questo amore per la poesia si può riconoscere lo stesso bisogno dell’autore, che tramite questo intenso personaggio s’intuisce che abbia voluto consegnarci una parte preziosa della sua anima.

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