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Esteri

Orban invita Netanyahu in Ungheria in risposta al mandato di arresto della Corte Penale Internazionale

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Viktor Orban invita Benjamin Netanyahu in Ungheria per protestare contro il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale, sfidando così la giurisdizione della CPI e ribadendo il sostegno a Israele.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha annunciato che inviterà il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu in Ungheria per protestare contro il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale (CPI) nei confronti del leader israeliano. La dichiarazione è stata rilasciata dallo stesso Orban in un’intervista alla radio statale, in cui il premier ha esplicitato la sua ferma opposizione alla decisione della Corte, che accusa Netanyahu di crimini di guerra legati al conflitto israelo-palestinese.

Non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione”, ha dichiarato Orban, facendo riferimento al mandato di arresto della CPI. “Inviterò Netanyahu a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la sentenza della Corte penale internazionale non avrà alcun effetto”, ha aggiunto, sottolineando la posizione del governo ungherese di non riconoscere la giurisdizione della Corte internazionale in questo caso.

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La CPI aveva emesso il mandato di arresto per Netanyahu nel marzo del 2023, accusandolo di crimini di guerra legati alla politica israeliana nei territori palestinesi occupati, in particolare per le operazioni militari e gli insediamenti illegali. La decisione aveva suscitato forti reazioni, con molti paesi, tra cui Israele, che hanno rifiutato di riconoscere l’autorità della CPI, considerandola un’istituzione politicamente orientata.

La mossa di Orban, che ha da sempre sostenuto posizioni conservatrici e sovraniste, si inserisce in una più ampia politica estera di alleanza con Israele, che ha visto l’Ungheria opporsi a diverse iniziative europee contro lo Stato ebraico, in particolare sul fronte delle risoluzioni contro la politica israeliana nei Territori palestinesi.

La posizione dell’Ungheria e l’Unione Europea

L’invito a Netanyahu arriva in un momento in cui l’Ungheria ricopre la presidenza di turno dell’Unione Europea, un periodo che potrebbe complicare ulteriormente i già tesi rapporti tra Budapest e le istituzioni europee. La posizione del governo Orban sulla CPI è stata da sempre controversa, con Budapest che ha costantemente cercato di difendere la sovranità nazionale e rifiutato di cedere ad influenze esterne, anche quando si tratta di giurisdizioni internazionali.

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Il Parlamento Europeo e diversi Stati membri dell’UE hanno manifestato il loro disaccordo con la politica di Orban, accusandolo di minare i principi dello stato di diritto e di favorire un allontanamento dalle linee guida comuni in ambito europeo. Tuttavia, l’Ungheria, che ha tradizionalmente mantenuto una politica di supporto a Israele, potrebbe trovare un alleato in Netanyahu, visto che quest’ultimo ha spesso sostenuto posizioni contro la Corte Penale Internazionale, ritenendola un organo politicamente motivato.

Reazioni internazionali

La reazione internazionale all’invito di Orban a Netanyahu è stata mista. Mentre alcuni osservatori apprezzano la solidarietà mostrata dall’Ungheria nei confronti di Israele, altri vedono questa mossa come un tentativo di sfidare apertamente l’autorità della CPI e di minare l’efficacia delle istituzioni internazionali.

Dal canto suo, il governo israeliano ha già fatto sapere di apprezzare il sostegno ricevuto da Orban, sottolineando che l’Ungheria si è distinta per la sua posizione di alleanza e sostegno continuo a Israele, anche in contesti internazionali critici. Non è ancora chiaro se Netanyahu accetterà l’invito di Orban, ma l’offerta segna un nuovo capitolo nella diplomazia internazionale che potrebbe avere ripercussioni significative sulle relazioni tra l’UE e Israele.

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In conclusione, l’invito di Orban a Netanyahu sembra essere un atto simbolico di sfida alla CPI e un chiaro segnale della posizione ungherese nei confronti di Israele.

Questo sviluppo potrebbe innescare nuove discussioni in seno all’Unione Europea riguardo al ruolo della Corte penale internazionale e al conflitto israelo-palestinese, oltre a mettere in luce le divisioni all’interno delle istituzioni europee riguardo alla gestione delle relazioni con il Medio Oriente.

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