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Tante storie in una Riga
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La discreta capitale baltica si cela e si svela a passo lento.
Guerra e pace. Occupazione, ribellione, liberazione e, di nuovo, occupazione. La travagliata biografia di Riga, capitale della Lettonia, giovane repubblica baltica, è parte integrante della vita e della geografia turistica della città.
Come la cicatrice di una ferita: rimarginata, ma pur sempre indelebile. Eterna e controversa misura di riferimento, che ha moltiplicato gli aspetti interessanti di una città dal centro storico contenuto, ma prezioso, a tal punto, da essere dichiarato “Patrimonio dell’Umanità”.
C’è una Riga greve e severa, quella delle testimonianze belliche e dell’architettura austera. Quella medievale del Castello e della “Torre delle Polveri” e quella di musei che ricordano le occupazioni, le barricate, gli arsenali, le battaglie e la dominazione nazista e sovietica del secolo scorso.
Nel quartiere “Piccola Mosca”, protagonista mal tollerato è il “grattacielo” dell’Accademia delle Scienze, dedicato a Lenin, si conservano i resti del ghetto ebraico realizzato durante l’occupazione nazista e si distingue nettamente la sagoma ondulata dei vecchi capannoni dei dirigibili “Zeppelin”, riconvertiti per ospitare il mercato popolare.
C’è una Riga curata ed elegante, facoltosa e, a tratti, persino sfarzosa. Quella del “Centrs”, quartiere agiato in cui si concentra la maggior parte dei circa 800 edifici in stile Art Nouveau del patrimonio edilizio cittadino.
L’eleganza è negli splendidi prospetti dai colori brillanti e dall’infinita varietà di decorazioni che, oltre a differenziare le dimore, raccontano trame antiche. Tralci floreali e geometrici circondano esseri mitologici che danzano con sinuose figure femminili, tra mascheroni, grottesche e motivi folkloristici, si realizza un vero e proprio catalogo dello stile decorativo, caratteristico dell’inizio del XX secolo. Lo sfarzo, invece, è nell’esposizione spudorata delle auto di lusso. La facciata della Riga sfacciata che sottende ammirazione.
C’è una Riga religiosa, credente, devotamente multiforme, grazie ai suoi monumentali edifici di fede: quella anglicana, chiesa dalla rossa facciata e dal campanile a cuspide; quella luterana, del Duomo dal potente e solenne organo; quella ortodossa, della cattedrale della Natività, dalle cupole dorate; quella cattolica della chiesa di S. Pietro, il cui campanile offre la visione tridimensionale della città, in un girotondo panoramico da capogiro.
C’è una Riga leggendaria, quella del “Vecrīga”, il quartiere originario in cui ogni pietra, ogni facciata, ogni dettaglio raccontano una storia. Storie di un popolo dominato e liberato da tedeschi, russi, svedesi; storie di naviganti, commercianti e artigiani, alleati e concorrenti tra loro.
A partire dai “Tre Fratelli, le costruzioni più antiche della città, che, sostenendosi, l’una all’altra, sono arrivate fino a noi; al contrario, invece, delle “Teste Nere”, edificio iconico di Riga, distrutto e ricostruito, al tempo destinato agli eventi di rappresentanza della più importante corporazione della città.
Una città che ha vissuto diverse vite, quasi come quelle dei gatti: in equilibrio sul tetto della casa di un facoltoso mercante, quelle sagome feline furono poste in posizione “irrispettosa”, in direzione della sede della Gilda Grande, come atto di sfida del proprietario al rifiuto dell’ammissione all’associazione.
Storie di passaggio, vere o leggendarie poco importa, come quelle racchiuse nel varco sempre aperto della “Porta Svedese” (l’unica sopravvissuta delle originarie otto porte della città).
Il transito del denaro, come quello del mercante truffatore che aprì il varco per non pagare le tasse; il transito dell’amore, raccomandato ai novelli sposi, come augurio per il matrimonio; infine, le vicende del boia, abitante proprio sopra la porta, che nell’imminenza di un’ esecuzione, annunciasse, con una rosa rossa, l’estremo passaggio dalla vita alla morte.
Storie narrate dalle statue silenziose: simboli di lotta, come i controversi ”Fucilieri Lettoni”; di alleanza, come i “Quattro musicanti di Brema”, rimando alla Lega Anseatica; di indipendenza, come l’Orlando nella piazza del Municipio.
E, poi, lei, “Milda”, candida e svettante fanciulla che, sorreggendo le stelle dorate, simbolo delle tre regioni nazionali, tiene alto il valore assoluto della libertà: un valore non ancora così scontato, tranne forse che per i giovanissimi che, sedendo ai tavolini dei numerosi caffè per bere una birra locale, si godono l’atmosfera rilassata della prolungata luce che la fresca estate lettone concede ancora per qualche giorno.
C’è, infine, una Riga mistica, onirica, misteriosa. Ispirato ad una canzone popolare, il grande murales inneggia al sole, al tuono che ha colpito e sconfitto il Diavolo e alla Daugava, il fiume cittadino che, scorrendo, trascina via i torti subiti nei secoli dalla città.
Il popolo, di sera, annega i ricordi spiacevoli nel “Balsamo Nero”, un amaro fortissimo a base di bacche, spezie e vodka, capace di bruciar via i cattivi ricordi (e lo stomaco).
Si dice che, durante le passeggiate notturne lungo la Daugava, una voce senza volto possa chiedere se la costruzione della città sia ultimata: la risposta corretta sarà sempre “No”, pena la distruzione immediata di Riga, anche se si rimane nel dubbio se la voce sia quella del leggendario spirito del fiume baltico o del più alcolico spirito del Balsamo
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