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“Jardins Majorelle”: l’amore, le palme e i cactus
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I giardini di Marrakech che fanno innamorare il mondo da un secolo
L’amore, si sa, ha tante forme e queste righe vogliono raccontare una storia centenaria che ha i contorni di un giardino. Probabilmente, è iniziata con un colpo di fulmine, anche se si svolge in un luogo in cui non piove quasi mai; proseguita come attrazione puramente estetica e sublimata, infine, in un amore che, tuttora, si rinnova e contagia chiunque ne varchi l’ingresso. Come un’oasi nel deserto del Marocco, tra le strade di una città che, del deserto, ha catturato le cromie calde della sabbia rosata al tramonto.
A Marrakech, nel limite tra l’antica Medina e il quartiere moderno di Gueliz, in un’area dove, in origine, sorgeva un palmeto, il destino ha condotto, in tempi diversi, quattro personalità che hanno contribuito a spingere oltre confine l’eco di fascino di questa città. Nell’arco di un secolo, un pittore, uno stilista, un imprenditore e un architetto paesaggista hanno tralasciato i loro consueti ruoli sociali per diventare creatori, curatori e salvatori di un paradiso che ha rischiato, diverse volte, di andare perduto.
Sono i “Jardins Majorelle”, un rifugio a tinte fredde, fatto di vasche, fontane, percorsi d’acqua che costituiscono le geometrie regolari di uno spazio botanico, in cui le circa 400 specie arboree, provenienti da tutto il mondo, ne riempiono ogni angolo. Palme, cactus, banani e bambù si offrono come nido, alle tante specie di uccelli presenti, e come riparo dal sole ardente della città, ai circa 600.000 visitatori che, ogni anno, si mettono in fila lungo il perimetro, in parallelo alle alte mura esterne.
I giardini portano il nome del pittore francese Jacques Majorelle che nel 1924, innamoratosi della luce e dei colori della città, acquistò una porzione di palmeto con l’intenzione di trasformarlo in uno spazio di ispirazione, che tenesse conto delle sue esigenze estetiche, senza stravolgere la natura del luogo. Si fece costruire un padiglione dalle forme razionali con tocchi in stile moresco, scegliendo di dipingerne gli esterni con un colore freddo, così speciale, perché in grado di catturare la luce e di restituirla amplificata: nasce la magia dell’inconfondibile “Blu Majorelle”.
Un incantesimo cromatico che deve aver stregato anche il couturier francese Yves Saint-Laurent e l’imprenditore Pierre Bergè, suo compagno di allora che, anni dopo, innamoratisi a loro volta dell’atmosfera di Marrakech, decisero nel 1980 di acquistare i giardini che, in quel momento, versavano in stato di abbandono. Si occuparono del recupero, dell’ampliamento e anche della ristrutturazione di alcuni edifici all’interno: “Villa Oasis” divenne il loro “buen retiro” per il riposo e l’ispirazione artistica.
Per lo stilista, i colori e le forme etniche furono linfa energetica per nuove creazioni di moda. Bergè, invece, appassionato d’arte, realizzò un museo con un’esposizione scenografica delle sue collezioni di manufatti, attrezzi, costumi e monili per far conoscere il prezioso patrimonio culturale berbero a chiunque, da allora a oggi, entri nei giardini. Un corrispettivo simbolico al popolo berbero, libero e fiero, come una sorta di omaggio sentito dell’ospite all’ospite.
A Marrakech, dunque, l’amore ha la forma di un giardino: è fatica e impegno, è attesa paziente; è fuga e rifugio; è dolce, come il dattero, frutto delle palme; flessibile come un stelo di bambù, pungente come le spine del cactus; ma il giardino stesso è una forma di amore corrisposto, in cui, alla cura e alla paziente dedizione, si viene ricambiati con energia e con riposo. Anche quello eterno: Yves Saint-Laurent, come ultimo desiderio, dispose che le sue ceneri fossero sparse nel roseto, divenendo tutt’uno con quella terra che, già in vita, gli aveva generosamente restituito tutto ciò che egli le aveva donato.
Attualmente, la presidenza della fondazione “Saint-Laurent e Bergè”, che si occupa ancora dei Jardins Majorelle, è nelle mani di Mr Madison Cox, architetto paesaggista di fama internazionale che, pur avendo
firmato la realizzazione di giardini di personalità importanti, preferisce la discrezione assoluta, rimanendo “nascosto” all’ombra delle sue creazioni.
Sono trascorsi cento anni dagli inizi di questa storia. Da piccolo spazio, segreto e privato, oggi i “Jardins Majorelle” sono un’oasi climatica, cromatica e acustica della caotica e ardente Marrakech, in cui ancora si celebra la cura, come la più bella sfumatura dell’amore che, tra lussureggianti toni di verde e un blu eccezionale, di certo non sbiadirà mai.
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