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“Pagghiòla”: l’autrice Simona Pennisi si racconta

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Pagghiòla: l'autrice Simona Pennisi si racconta

In un’intervista rilasciata al “Punto!”, l’autrice Simona Pennisi si racconta spaziando dentro e fuori “Pagghiòla”

Simona Pennisi, l’autrice di Pagghiòla si racconta spaziando dentro e fuori i personaggi del suo romanzo. Lo fa in una intervista fiume rilasciata al Punto!

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Procediamo per ordine, Simona. Da dove e quando nasce l’idea di scrivere un libro?

Sono sempre stata una persona con la testa per aria, sarà pure il segno zodiacale (gemelli) e l’ascendente (pesci) a influenzarmi, a parte gli scherzi, credo che a un certo punto sia stata un’esigenza scrivere. Avevo così tante storie, personaggi e intrecci per la testa che dovevo metterli per iscritto. Un giorno durante il periodo universitario, mi sono presa di coraggio dicendo a me stessa che sarei stata in grado di scrivere un libro.

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Lei, invece, nasce in una delle terre più belle d’Italia, la Sicilia. Dal Suo romanzo emerge chiaramente un rapporto di amoreodio verso la Sua isola, c’è qualcosa che Lei personalmente ama e qualcos’altro che odia della Sua Sicilia? Che cosa La ha spinta a lasciare il Sud per approdare nel Nord Italia?

Non credo che avrei lasciato definitivamente la mia terra, se non fosse stato per il lavoro di mio marito, nonostante tutto sono contenta di vivere in un’altra regione. Mi manca moltissimo il mare, il cibo e gli affetti. Non c’è qualcosa che odio, diciamo che ci sono diverse cose che non mi piacciono, ma sia lì, sia nel posto in cui mi trovo adesso. Saluto la mia diplomazia che è qui accanto a me e mi fornisce le risposte.

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Sono molto affascinato dal momento del concepimento poiché sono esordi di qualcosa diverso da noi, qualcosa che ci abbandona per divenire altro, mi domando, allora, quanto ci sia di Lei dentro Pagghiòla, c’è un personaggio dietro cui si rivede in maniera particolare?

C’è un po’ di me in tutti i personaggi, ma io vorrei essere come la signora Puglisi quando avrò la sua età.

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Pagghiòla mette a confronto due contrapposizioni nette: da una parte la mancata maternità, quella di Caterina, studentessa che va ad abitare nell’appartamento ereditato dalla nonna; dall’altra quella della signora Russo, ormai divorziata ma con due figli al seguito. Al giorno d’oggi, crede che sia più difficile ritrovarsi nei panni di una studentessa single che tenta di affermarsi negli studi, o in quelli di una donna che deve occuparsi da sola dei figli?

Bella domanda, difficile risposta. In entrambi i casi sono situazioni articolate e complesse. Forse direi che sarebbe meglio trovarsi nei panni di Caterina, ma solo perché le responsabilità sono minori.

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Pagghiòla non è solo il titolo del Suo romanzo ma anche dell’opera che ha realizzato per la copertina del libro. Tra le Sue attitudini, dal Suo sito web mi pare di capire che abbia anche una certa passione per l’arte pittorica, per Lei c’è qualche punto di contatto tra la pittura e la scrittura? E se sì, qual è?

Reputo che entrambe abbiano come punto in comune il ritrovarsi di fronte qualcosa di bianco, vuoto da riempire: un foglio e una tela. Per me sono forme diverse con cui esprimere la mia creatività.

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In Pagghiòla, Lei racconta la vita in un piccolo condominio siciliano dove tutti conoscono tutto di tutti, e dove buona norma vuole che ognuno si faccia un’idea precisa ma completamente arbitraria rispetto al vissuto degli altri. Per quanto questa tematica venga affrontata con ironia e acutezza, il giudizio arbitrario è una pratica verso cui si tende di frequente nella nostra società. Che cosa pensa Lei rispetto alla necessità di doversi intromettere nel vissuto altrui? Immagino le sia capitato svariate volte, nel Suo lavoro, di trovarsi davanti a qualcuno schiacciato dal peso dei giudizi e delle aspettative. Si può dire che in qualche modo la professione di psicologa abbia influito nella costruzione dell’opera?

Reputo che chi si intromette nella vita degli altri, lo faccia un po’ per noia, trovandoci un certo godimento nello spiare, lo stesso di quando si guarda una serie tv. Molte persone si sentono schiacciate dal peso dei giudizi e del pensiero altrui, lo noto sempre più spesso attraverso il mio lavoro. Difatti, il messaggio che voglio mandare è proprio l’opposto, ma non posso dire altro per non spoilerare.

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Pagghiòla è abitato da personaggi diversi e ognuno con le proprie peculiarità, ce n’è uno per cui prova particolare simpatia, e viceversa uno che mal sopporta? Ce li vuole raccontare?

Non c’è un personaggio che proprio non sopporto, tuttavia ce n’è qualcuno che non vorrei mai incontrare o averci a che fare, tipo: signor Valenti, troppo precisino per i miei gusti; Giovanni, perché l’arroganza e la presunzione non li amo molto. Adoro la signora Puglisi, infatti l’ho soprannominata “la mia adorata” e certi aspetti di Veronica.

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Caterina entra in contatto con persone che la pensano in modo totalmente diverso da lei, alcune delle quali con vedute molto ristrette e, potremmo dire, un po’ auge. Le capita mai di confrontarsi con persone che guardano alle differenze di pensiero con snobismo e superiorità? In che modo cerca di relazionarsi a loro? Pensa che potrebbe esser loro utile leggere il Suo libro?

Un tempo ci perdevo tempo (scusa il giro di parole) a confrontarmi a tutti i costi con chi la pensasse diversamente da me. Poi ho compreso che non ne vale la pena quando si hanno di fronte persone che non vogliono ascoltare e offendono. Sì, il mio libro potrebbe aiutare a chi manifesta questo tipo di atteggiamento superiore, aggiungerei la clausola: occorre mettersi in gioco.

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A tal proposito Le domando a chi potrebbe essere utile leggere Pagghiòla, a chi vuole consigliarlo? Vorrebbe che fossero più persone come la signora Puglisi, o più come l’ambiziosa e riservata Caterina?

Tutte! A tutte le donne di qualsiasi generazione esse facciano parte.

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Un’ultima domanda, se si può dire: sta scrivendo altro? Ha già in mente qualcosa?

Ho in mente tante storie, proprio per questo ho dovuto scegliere quella che al momento mi ispira di più. Sarà un romanzo divertente che tratterà altri temi, senza mai perdere il piglio ironico.

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