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COP29 di Baku: Il futuro della finanza climatica e il passaggio dai 100 ai “Trilioni” di dollari

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COP29 di Baku: In gioco il futuro della finanza climatica, con proposte di fondi da trilioni di dollari per contrastare il cambiamento climatico

A pochi giorni dalla conclusione della COP29 a Baku, una bozza di documento finale ha attirato l’attenzione su un tema cruciale: la finanza climatica. Se l’accordo dovesse essere ratificato, il fondo globale per il clima potrebbe salire a cifre inimmaginabili, raggiungendo addirittura trilioni di dollari all’anno, ovvero migliaia di miliardi, un deciso salto in avanti rispetto ai 100 miliardi annuali attuali, previsti dal Fondo per il Clima che scadrà nel 2025.

Un aumento senza precedenti

Nel cuore del dibattito sulle finanze climatiche c’è la necessità di garantire un flusso stabile e crescente di risorse per i paesi vulnerabili e in via di sviluppo, che stanno affrontando gli impatti più devastanti del cambiamento climatico, pur avendo contribuito in misura minore alle sue cause. La proposta di destinare trilioni di dollari a un nuovo fondo climatico rappresenta una sfida enorme, ma anche una speranza per garantire il raggiungimento degli obiettivi di contenimento dell’aumento delle temperature globali.

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L’attuale Fondo di 100 miliardi, istituito a Copenaghen nel 2009 e che dovrebbe scadere nel 2025, ha incontrato numerose difficoltà nel raggiungere il target.

I paesi in via di sviluppo, infatti, lamentano da anni che le risorse promesse non sono mai state sufficienti né tempestive. Con il termine di questo fondo alle porte, i negoziatori della COP29 stanno cercando di costruire un nuovo sistema che vada oltre le promesse non mantenute.

Due modelli proposti

La bozza di documento finale della COP29 propone due opzioni alternative per la riforma della finanza climatica, entrambe caratterizzate da un imponente aumento dei fondi necessari:

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  1. Opzione 1: Più contributi pubblici a fondo perduto
    • Questa opzione rispecchia le richieste dei paesi in via di sviluppo, che spingono per un finanziamento pubblico più robusto e diretto, principalmente sotto forma di contributi a fondo perduto, cioè risorse che non devono essere restituite. Questo approccio garantirebbe che i paesi vulnerabili ricevano aiuti senza la pressione di dover rimborsare prestiti o interessi, potendo così concentrarsi sull’adattamento ai cambiamenti climatici e sulla transizione a modelli di sviluppo sostenibili.
  2. Opzione 2: Ricorso a tutte le forme di finanziamento
    • L’altra proposta, che riflette maggiormente le posizioni dei paesi sviluppati, implica una miscelazione di fonti di finanziamento più ampie, tra cui prestiti, investimenti privati e il ricorso a meccanismi di mercato, come le obbligazioni verdi. In questo caso, pur con l’obiettivo di raccogliere risorse ingenti, la sostenibilità finanziaria di tali fondi sarebbe legata a un mix di impegni pubblici e privati. In altre parole, i paesi sviluppati vedono nel coinvolgimento del settore privato e nel ricorso a strumenti finanziari innovativi la chiave per raccogliere i trilioni necessari.

La sfida del finanziamento

Il passaggio dai 100 miliardi attuali ai trilioni di dollari rappresenta un cambio di paradigma fondamentale, ma non privo di sfide. Il punto cruciale sarà comprendere come equilibrare le esigenze di solidarietà internazionale con la capacità dei paesi sviluppati di mobilitare risorse sufficienti. I paesi in via di sviluppo, infatti, temono che un sistema finanziario troppo orientato al privato possa non soddisfare le loro necessità immediate di adattamento e mitigazione, rischiando di aggravare le disuguaglianze globali.

D’altra parte, i paesi industrializzati fanno notare che senza il coinvolgimento del settore privato, raggiungere cifre di finanziamento veramente significative potrebbe essere impossibile. La creazione di un quadro globale che incoraggi gli investimenti privati in infrastrutture verdi e in tecnologie pulite è visto come un passo fondamentale per affrontare la crisi climatica in maniera concreta e duratura.

La scadenza del 2025 e le prospettive

La scadenza del 2025 per il Fondo di 100 miliardi è un termine che incombe, e la necessità di trovare un compromesso tra le diverse visioni su come finanziare la lotta al cambiamento climatico diventa sempre più urgente. Se i negoziati della COP29 riusciranno a trovare una sintesi tra queste due opzioni, il mondo potrebbe vedere una vera e propria rivoluzione nelle politiche globali per il clima.

Un tema che continua a emergere in questi dibattiti è la trasparenza nella gestione dei fondi, nonché la capacità di rendicontazione dei risultati. Le nazioni più vulnerabili chiedono garanzie concrete che gli aiuti arriveranno davvero, mentre i paesi sviluppati richiedono misure che assicurino l’efficacia degli investimenti e l’assenza di sprechi.

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Nel frattempo, il tempo scorre e le opportunità di finanziare il futuro del nostro pianeta si fanno sempre più determinanti. La COP29, dunque, si prepara a essere un momento di svolta fondamentale, dove i trilioni di dollari promessi potrebbero diventare realtà solo con l’impegno concreto e coordinato della comunità internazionale.

Se il futuro della finanza climatica sarà un fronte centrale per i negoziati internazionali, la bozza di documento della COP29 suggerisce che il passo successivo potrebbe essere quello di un impegno finanziario senza precedenti. I prossimi mesi saranno cruciali per definire se il passaggio dai 100 miliardi ai trilioni di dollari si concretizzerà in un piano davvero efficace, capace di rispondere alle sfide globali della crisi climatica.

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