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Un sosia terrificante
Pubblicato
4 settimane fail
Di
Gioia NastiWilliam Wilson: Il Conflitto con il Doppio come Lotta Interiore tra Bene e Male
Si dice che ognuno abbia nel mondo addirittura sette sosia e qualche antica tradizione afferma che quando se ne incontra uno la sorte non si riveli benevola. È quello che accade al protagonista di un racconto di Edgar Allan Poe, che dà il nome alla storia stessa: William Wilson. Il racconto si presenta come una confessione in punto di morte del personaggio, un uomo ormai divenuto corrotto e dissoluto durante gli anni, che è costretto a confrontarsi sempre più con il suo sosia. La sua storia inizia con i ricordi familiari ed entra nel culmine quando egli si trova alla scuola del dottor Bransby.
Lì inizia il suo intimo tormento allorquando, tra i vari compagni, scorge per la prima volta un ragazzo della sua stessa età e con il suo stesso nome, pur non avendo con lui alcun legame di parentela. Ciò che egli avverte in sua presenza è una sorta di uguaglianza con sé stesso, che tuttavia gli altri compagni non riescono a scorgere; privo dell’ambizione e della dissolutezza che anima il protagonista, Wilson sembra agire soltanto con lo scopo “di sminuire, di stupire, di mortificare” il personaggio principale.
Tuttavia, i due diventano quasi amici; Wilson riesce ad imitarlo alla perfezione, tranne che nel tono della voce, segnato da una sorta di imperfezione, dovuta ad una debolezza delle corde vocali. Una sera, però, il protagonista ha come una epifania: nota qualcosa nel suo omonimo che non riesce a definire, ma che gli instilla la convinzione di averlo conosciuto già in tempi remotissimi, addirittura prima che la sua coscienza fosse formata.
Dopo un litigio piuttosto acceso, una notte decide di giocargli un tiro mancino: presa una lampada, si introduce furtivamente nella sua stanza, ma, una volta accostata la luce al viso di Wilson, si rende finalmente conto che i lineamenti del volto sono assolutamente identici ai suoi. Questa scoperta lo scuote a tal punto che egli decide di lasciare l’istituto ed allontanarsi per sempre.
La seconda vita comincia a Eton, dove la dissolutezza del protagonista continua e, se possibile, degenera, finché una sera, durante un festino con compagni totalmente ubriachi, un domestico gli annuncia che una persona lo attende nel vestibolo: un uomo uguale a lui, vestito in maniera identica, che gli sussurra all’orecchio soltanto due parole: William Wilson.
Il protagonista capisce che qualcosa lo lega a quell’uomo nel profondo, ma non intuisce ancora fino a quale punto. La terza parte della vita del protagonista raggiunge il punto più basso a Oxford, dove egli si getta nel gioco d’azzardo diventando baro di eccezionale perizia. Progetta di gettare sul lastrico un compagno e lo irretisce a tal punto da dominarlo completamente finché sulla scena appare un personaggio che egli riconosce quando lo accusa, davanti a tutti i compagni, di aver vinto a carte barando, con una voce che sembra più un sussurro.
Fuggendo da Oxford, il protagonista gira il mondo perennemente inseguito dal suo doppio finché una notte decide di affrontarlo e ucciderlo. È solo in quel momento che Wilson si palesa definitivamente ricordandogli che, nonostante abbia vinto, è morto insieme a lui.
Durante tutto il racconto Wilson ha qualcosa che somiglia al protagonista: la statura, ad esempio, l’età, alcuni indumenti.
Questi particolari si fanno via via sempre più numerosi, ma il protagonista li avverte come delle coincidenze, delle concomitanze incomprensibili, tanto che si stupisce di trovare queste somiglianze. In qualità di narratore, egli ci presenta Wilson come personaggio reale, ma il lettore non fa fatica a comprendere il legame profondo tra i due, come due aspetti della stessa persona: il protagonista è la parte cattiva, malata, perversa, mentre Wilson sembra mostrarsi come la sua coscienza, una sorta di “grillo parlante” che cerca di riportarlo sulla buona strada, anche provocando la sua rovina per costringerlo a lasciare il percorso corrotto intrapreso.
Stanco di questi piani messi a punto per sventare le sue malefatte, il protagonista, ospite a una festa organizzata dal duca di Broglio a Roma, si scontra per l’ennesima volta con il suo doppio, ma questa volta decide di affrontarlo e, nel duello, lo colpisce a morte. Solo allora si rende pienamente conto di avere davanti un grande specchio dalla cui cornice viene fuori la sua stessa immagine, ma insanguinata e vacillante. Quest’uomo è completamente identico
a lui, in ogni minimo dettaglio, e quando parla, il protagonista sembra ascoltare la sua stessa voce che gli conferma che, uccidendo lui, ha ucciso sé stesso.
Solo alla fine egli si rende conto, a posteriori, che, se avesse seguito i consigli del suo doppio, sarebbe stato un uomo migliore; egli stesso, infatti, afferma che il suo senso morale era di gran lunga migliore del suo e che sarebbe stato “infintamente più felice se avessi respinto meno sovente i consigli racchiusi in quei sussurri densi di significato”.
Continua….
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