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Sanatoria e “Salva Casa”: il TAR Campania impone una nuova istruttoria alle amministrazioni
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La sentenza n. 1861/2025 afferma l’obbligo per i Comuni di qualificare puntualmente le opere prima di negare la sanatoria prevista dal nuovo art. 36-bis TUE.
L’introduzione dell’art. 36-bis del Testo Unico Edilizia, ad opera del D.L. 69/2024 (cd. “Salva Casa“), convertito nella legge n. 105/2024, ha ridefinito in modo significativo i confini della sanatoria edilizia, aprendo – per la prima volta – alla possibilità di regolarizzare anche quelle opere qualificate come variazioni essenziali, purché ricorrano specifici presupposti di doppia conformità “attenuata”.
Una novità che ha imposto agli enti locali un radicale ripensamento delle proprie prassi istruttorie. Proprio su questo punto interviene la recente e rilevante sentenza TAR Campania, 13 novembre 2025, n. 1861, che rappresenta un monito chiaro:
un diniego non sorretto da un’istruttoria approfondita e coerente con la nuova disciplina è illegittimo.
Il cuore della decisione: prima si qualificano le opere, poi si decide sulla sanatoria
Il TAR ricorda un principio fondamentale:
> l’amministrazione non può negare la sanatoria senza aver prima qualificato correttamente le opere, distinguendo tra variazione essenziale, parziale difformità o nuova costruzione.
Si tratta di un passaggio decisivo. Con l’art. 36-bis, infatti, la categoria delle variazioni essenziali – tradizionalmente escluse dalla sanatoria ex art. 36 – può ora rientrare in un percorso di regolarizzazione, se dimostrata la conformità ai titoli dell’epoca e agli strumenti urbanistici attuali.
Il Comune, invece, aveva rigettato l’istanza limitandosi a una formula generica, senza:
- descrivere le opere abusive;
- confrontarle con il titolo edilizio originario;
- spiegare se si trattasse di interventi riconducibili alla nuova disciplina del 36-bis;
- valutare la normativa sopravvenuta più favorevole.
Per il TAR, un simile provvedimento è viziato per difetto di istruttoria e di motivazione.
Il “Salva Casa” impone un nuovo modo di valutare gli abusi
L’art. 36-bis ha introdotto nell’ordinamento la possibilità di sanare opere che, in passato, sarebbero state automaticamente considerate insanabili. Ciò comporta due obblighi per la P.A.:
- 1. Riesaminare gli abusi secondo la nuova tipologia introdotta dalla legge;
- 2. Motivare puntualmente le ragioni per cui una specifica opera non rientrerebbe nei confini della sanatoria.
In sostanza, l’amministrazione non può più rifugiarsi in dinieghi automatici o stereotipati: la nuova normativa richiede un accertamento concreto, caso per caso.
Il TAR: senza istruttoria non c’è legalità del provvedimento
Nella sentenza, i giudici sottolineano che:
l’amministrazione deve ricostruire l’intero quadro fattuale;
l’esito del procedimento deve essere coerente con l’evoluzione normativa;
il diniego non può essere fondato su semplici formule rituali.
Il TAR afferma quindi un principio destinato a fare scuola:
> quando una nuova norma amplia i confini della sanabilità, la P.A. è tenuta a verificare se le opere possano rientrare nella disciplina sopravvenuta.
L’omissione di tale verifica porta all’illegittimità del diniego.
Conseguenze pratiche: gli uffici tecnici devono aggiornare le proprie prassi
La decisione richiama gli enti a un cambiamento operativo:
serve una nuova classificazione degli abusi;
occorre distinguere ciò che rientra nella sanatoria ordinaria da ciò che può essere valutato ai sensi del 36-bis;
deve essere predisposta una motivazione tecnica completa, che tenga conto della legge vigente.
Per i cittadini e per i tecnici, la pronuncia rappresenta un’importante garanzia:
la sanatoria non può essere respinta senza un effettivo esame del caso e senza verificare le possibilità offerte dalla normativa “Salva Casa”. La sentenza del TAR Campania n. 1861/2025 rafforza un messaggio chiaro: la Pubblica Amministrazione deve adeguare l’istruttoria alla nuova disciplina della sanatoria introdotta dall’art. 36-bis, pena l’illegittimità dei propri provvedimenti.
A cura dell’Avv. Lelio Mancino
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