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“Signori, si scende!”
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Itinerario “extra-vagante” tra le stazioni ferroviarie più iconiche
In una tra le più famose canzoni italiane di un po’ di anni fa, “il treno dei desideri” marciava al contrario e, grazie alle magiche avventure letterarie di Harry Potter, l’immaginario “Platform 9 e3/4” di King’s Cross a Londra è senza dubbio il binario più conosciuto e ricercato al mondo.
Se ci si concede, temporaneamente, di lasciare in deposito il bagaglio della coerenza geografica, quand’anche il seguente percorso possa risultare “sopra le righe” e non lineare come un binario, non resta che lasciarsi trasportare verso quel luogo dove il viaggio è sia partenza che arrivo: la stazione ferroviaria.
Un cuore pulsante con un unico atrio, da cui si diramano arterie metalliche. Meta(fisica) del viaggio in treno e al contempo simbolo del paradosso, in cui si è fermi nell’attesa, e al tempo stesso, in movimento.
Uno spazio per stazionare, un’area di sosta dal continuo viavai. Il fabbricato del viaggiatore (quella che oggi si chiama Hall) è un brulicante microcosmo sospeso, composto da umanità ed emozioni passeggere.
Teatro di incontri e separazioni, di protagonisti che partono o arrivano e spettatori che accompagnano, tra baci e abbracci, con un biglietto nella mano e un trolley nell’altra, con la mente divisa tra ciò che si lascia e l’aspettativa per ciò che sarà, tutti con lo sguardo all’orologio e una domanda unica nella testa: “quanto manca?”
Ci sono città in cui, alle consuete azioni ed emozioni legate al viaggio, si aggiunge lo stupore per l’originalità e l’innegabile bellezza che fanno delle stazioni ferroviarie delle tappe imperdibili, sinonimi stessi della destinazione prescelta, dove un (modesto) ritardo può rappresentare un’occasione di resiliente scoperta.
Un secolo fa, nella città di Porto, la linea ferroviaria era già attiva, il treno arrivava, i passeggeri scendevano, ma la stazione non esisteva. Dal momento in cui fu inaugurata, però, il 05 ottobre del 1916, l’Estação São Bento è diventata non solo icona della città, ma anche ambasciatrice ufficiale della storia e della cultura portoghese.
Le sue pareti sono decorate con 20.000 azulejos, ceramiche dipinte a mano in bianco e blu, che raccontano le vicende storiche delle regioni “Entre Douro e Minho”, da cui nacque l’attuale Portogallo. Stravagante il suo destino: la sua costruzione si fonda sui resti di quello che era stato un convento prima e monastero poi; da luoghi di quiete, dettati dall’astrazione e dalla chiusura, è diventata infine, ambiente gremito di transito infinito.
Da un monastero alla “Cattedrale”. Così è stata ribattezzata “Antwerpen Centraal”, la stazione centrale della città di Anversa nelle Fiandre, ideata da Leopoldo II, il “Re Costruttore”, e considerata tra le più belle del mondo.
Inaugurata nel 1905, ha subìto pesanti danneggiamenti durante la seconda guerra mondiale a cui sono conseguiti anni di lavoro: proprio nell’ultimo anno, è stata riprogettata la sua illuminazione interna ed esterna, per renderla più sicura e per far risaltare la sua architettura mista, tra lo stile neorinascimentale e neobarocco.
L’imponente scalone monumentale, sovrastato da una cupola di vetro di 75 metri, e la sua copertura ad arco di 44 metri contribuiscono a rendere più concreta l’impressione di ingresso in una cattedrale e la certezza di essere in uno dei più begli esempi dell’Art Nouveau del Belgio.
Succede, alle persone e alle stazioni, di affrontare improvvise interruzioni, programmate o subite, che invalidano il percorso predefinito dei consueti binari. Sono i nodi di scambio che, per guasti o danni, inducono al cambiamento: più che a un’inversione, conducono più spesso ad una riconversione.
E’ il caso del capolinea della vecchia linea Parigi-Orléans, inaugurato nel 1900 per l’esposizione universale, trasformato nel 1987, dopo decenni di disuso, in uno dei musei più incredibili della capitale francese e del mondo intero.
La Gare du Quais d’Orsay, che durante la seconda guerra mondiale era stata centro di smistamento dei prigionieri verso i campi di concentramento, senza dimenticare la più triste delle sue
funzioni, è oggi il Musée d’Orsay. Solo i binari non esistono più, ma la struttura di ghisa, ferro e vetro dell’originaria stazione è oggi custode perfetta dei più importanti capolavori della pittura e della scultura, che, ogni tanto, diventano illustri passeggeri in partenza, diretti in altre città del mondo, per essere ospiti d’onore nell’esposizioni temporanee d’arte.
Nonostante i suoi simboli siano gli orologi, quello dorato e splendente che sorveglia l’immenso salone espositivo suddiviso in tre piani e i grandi oblò con le lancette del quinto piano che guardano su Parigi, il tempo non è mai abbastanza per immergersi completamente in tanta meraviglia.
Il tempo, invece, sembra essersi fermato in provincia di Napoli, nel comune di S. Giorgio a Cremano. Negli enormi rimesse di quelle che un tempo sono state le Officine Borboniche, oggi Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, stazionano le locomotive storiche, le carrozze, macchinari, i modellini e si racconta la storia della nascita della prima linea ferroviaria italiana: la Napoli-Portici, inaugurata il 03 ottobre del 1839, che compie quest’anno 185 anni.
Come il più ambito dei giochi dei bambini delle passate generazioni, Pietrarsa è un prezioso anello celebrativo: la “Stazione” finale dei treni che hanno dato inizio al viaggio ferroviario in Italia.
Simbolica, romantica e certo un po’ nostalgica, la banchina con la pensilina in ghisa, che rappresenta universalmente il binario una stazione ferroviaria irrealmente silenziosa, dove fermarsi, senza la trappola del tempo, tra il “troppo presto” o il “troppo tardi”, lasciando andare i rimpianti per i treni persi e i binari tronchi, in attesa solo che le nuvole della vita si dissolvano, come gli sbuffi di vapore di antichi convogli, e per essere finalmente liberi di ripartire con nuove direzioni.
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