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Disagio culturale italiano, laureati in calo in un Paese senza idee chiare

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Nonostante la richiesta e le prospettive nemmeno così malvage sono sempre in calo i nuovi laureati. A breve potremmo trovarci di fronte ad un pericoloso vuoto generazionale

Idee poco chiare e futuro pressoché incerto. Direi che in questo modo possiamo riassumere la situazione italiana se osservata del punto di vista dei prossimi anni in termini di nuovi laureati.

Le sintesi sono sempre difficili da fare ma come appare lapalissiano dai numeri degli ultimi mesi abbiamo registrato una flessione seria di ben il 2% di iscrizioni in meno nei vari atenei universitari. Questo a fronte di dati che in realtà spiegano come una volta usciti nei 5 anni nel 2022 il tasso di occupazione è pari al 92,1% tra i laureati di primo livello e all’88,7% tra i laureati di secondo livello in dati in aumento sensibilmente rispetto al 2021 come ci rappresenta il Rapporto AlmaLaurea 2023.

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Gli stipendi risentono dell’inflazione ma qui si aprirebbe un altro capitolo da trattare e che trova radici altrove. Intanto i nostri ragazzi si comportano anche bene e si dimostrano anche più studiosi laureandosi sempre prima (l’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2022 è pari a 25,6 anni: 24,4 anni per i laureati di primo livello, 27,0 per i magistrali a ciclo unico e 27,2 anni per i laureati magistrali biennali). Ancora evidentemente presente sia da un punto di vista del lavoro che delle iscrizioni un gap tra maschi e donne su cui ci sarà molto da lavorare in un Paese che si professa moderno.

La riflessione che accendiamo da questo primo spunto parte in ogni caso da lontano. Purtroppo nonostante dei dati tutto sommato positivi, l’Università sempre possedere sempre meno appeal e questo è uno scenario che non è tollerabile.

Di questo passo e con l’indice di invecchiamento che abbiamo non è assurdo pensare che possano addirittura esserci dei “vuoti generazionali” nei vari settori, siano essi tecnici così come nella medicina o nella docenza. Questo vuol dire che ci saranno medici che andranno in pensione ma non altrettanti dottori che li possano sostituire; così come infermieri, ingegneri etc. Focolai di questo tipo seppur ancora localizzati sono rappresentabili tranquillamente nel mondo della scuola di secondo grado dove mancano docenti qualificati in alcuni settori. Basta pensare alle discipline STEM (tecnico scientifico matematiche). E proprio in questo settore si registra ancora un calo delle iscrizioni universitarie.

Insomma siamo in uno scenario caotico e la politica di fatto non ha dato indicazioni chiare. i governi si sono succeduti ma manca uno spirito di visione globale. Il Paese non ha capito ancora dove vuole investire. Si fa presto a dire che la scuola e la formazione sono importanti ma non siamo nel secolo scorso. Senza un piano che sia strutturato non resteremo indietro e perderemo occasioni future ghiotte condannando le nostre menti laureate (sempre più poche) a dover cercare lavoro altrove per potersi esprimere al meglio. Vedrete ad un certo punto non sarà nemmeno questione di soldi ma di opportunità, strutture e passione!

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